“Sulla felicità”

di Antonella Petricone

Perché una scuola sulla politica della felicità?
Perché la felicità è una pratica che si impara, non è scontata, non è data…
La felicità si sceglie.
Nei banchi di scuola, da tre anni a questa parte, in mezzo a bambine e bambini, ho toccato con mano cosa significhi insegnare la felicità…
Le bambine non lo sanno, non conoscono fino in fondo il significato dell’essere felici per ciò che sono e non per ciò che sanno fare o produrre. A scuola si insegna la “felicità del fare”, del mettere in pratica, del risolvere, fondamentale, senza dubbio, ma si tralascia la felicità del volersi bene. Parto da questo assunto, forse pretestuoso, ma per me centrale. Goliarda Sapienza scriveva: “Se solo…se solo le madri, le insegnanti a scuola, aiutassero le ragazze a scoprire la gioia di essere pienamente donne, di viversi una sessualità felice.
Piuttosto che a prevenire, temere gravidanze, inganni, malattie e stupri, le ragazze dovrebbero essere educate ad amare e a farsi amare con gioia. Ecco cosa sarebbe davvero rivoluzionario”.
Nessuno insegna loro ad esserlo. Crescono senza sapere che la felicità è un diritto e che loro, in quanto giovani creature alla soglia dell’adolescenza, possono rivendicarlo e farne una battaglia di esistenza comune. Invece non è così. Tra i banchi di scuola le bambine e i bambini vivono sulla loro pelle le conseguenze di una società infelice che uniforma il sapere e lo rende fruibile per il mero raggiungimento di obiettivi economici e neo liberisti. In tale quadro, la felicità femminile in particolare, non è affatto prevista, e come scriveva
Alessandra Bocchetti, in questo senso è assolutamente rivoluzionaria.
Le bambine pagheranno a caro prezzo la mancata adesione a quella pratica della felicità che dovrebbe investire ogni ambito del loro sviluppo, dalla capacità di vedersi uniche e preziose, alla capacità di sentirsi capaci e forti, alla gioia di riscoprirsi differenti dai loro coetanei ma non per questo meno capaci. Si, perché per me, la felicità è una pratica di libertà, e la libertà raramente si insegna a scuola.
Ed ecco che quindi si rendono necessarie le scuole alternative, quelle per le persone adulte che vogliono e possono recuperare il loro bagaglio di felicità perduta. Scuola di politica, di femminismi, di pratiche che scardinano i sistemi di apprendimento tradizionali, e introducono l elemento della trasformazione come anelito al miglioramento della propria condizione di vita. Ma nelle scuole, nei campi femministi, nei luoghi in cui si disimpara e si impara nuovamente cosa vuol dire abitare il mondo e sentirlo a nostra misura, si impara anche a condividere la felicità attraverso lo scambio e il desiderio di andare oltre…
Questo oltre per me è iniziato nel 1999 quando ho frequentato la mia prima scuola politica di donne. Questo oltre ha sedimentato per tutti questi anni, il mio modo di fare politica, di stare dentro le relazioni, di imparare a volermi bene attraverso lo scambio e il confronto con altre soggettività che hanno posizionato il mio stare al mondo attraverso delle scelte, anche scelte di felicità.
Sentiamo questo tema fondamentale in questo nostro momento storico e politico.
Da un anno quasi, abitiamo luoghi e spazi risignificandoli con i nostri corpi, con il nostro agire, con pratiche e obiettivi che si interscambiano e finalmente dialogano. Il movimento di Nonunadimeno, le nuove realtà di donne femministe che hanno visto la luce, le realtà consolidate che hanno trovato nuovi stimoli e nuovi aneliti, le
nuove forme di lotta politica, portano con sé l energia di questo cambiamento, i semi di una nuova alleanza politica che sento potente quanto potente è la spinta all’essere felici.
Felice mi sono sentita quando ho manifestato a Roma contro la violenza sulle donne a novembre
scorso, ed eravamo tante e tanti, felice mi sono sentita quando ho partecipato alle assemblee di Nonunadimeno sentendomi di nuovo parte di un movimento… felice mi sono sentita quando abbiamo fondato Le Funambole e ho toccato con mano l eccitazione di costruire un nuovo giardino con fiori coltivati già da tempo…
La cura, la dedizione, la perseveranza che mi fa sentire parte di Be Free, a distanza di dieci anni e che mi ha permesso di rileggere il mondo con occhi diversi e di poter dare vita ad una nuova avventura, anche questa è pratica di felicità, perché dentro contiene la resistenza di donne che insieme a me, instancabilmente continuano a credere nella differenza in qualsiasi angolo essa si manifesti….
Felice mi sono sentita quando abbiamo costruito questa nuova edizione della scuola, con la
consapevolezza che la felicità può scardinare ogni discorso sulla violenza, sul dolore, sulla sofferenza, generando una narrazione differente, una narrazione che non parta dall’infelicità, ma dalla spinta al cambiamento, alla trasformazione, alla gioia perché partendo dalla gioia e dal senso di sé, è possibile riscoprire l’amore per se stesse/i e questo, ancora oggi, per me è davvero rivoluzionario.